Gencon 2023: un reportage strano (parte1)

Come tutte le volte…

…mi ero ripromesso di fare un buon lavoro, di farmi tante foto e documentare per bene il viaggio. Ho fatto oltre 600 scatti, ma sono questi tutte immagini “di lavoro”. Biglietti da visita, rilegature particolari, contatti di artisti. Così quello che nelle intenzioni doveva essere un “racconto di viaggio in differita”, diventerà un report sulla Gencon 2023 che dividerò in due parti.

La prima parte (questa) si occuperà del viaggio e delle differenze fra una “megacon all’americana” e Lucca/Play (e non sarà particolarmente ricca di foto). La seconda delle cose belle / strane / particolari / interessanti che ho beccato in fiera (riccamente illustrata). 

Bando alle ciance e procediamo!

Il Viaggio: una fantozzata

Lungo, disagevole e costosissimo.

Vero che avevo preso biglietti di classe sub-pezzente e e mi sarei aspettato di essere messo ai pedali a metà volo. Vero anche che mi sono ridotto un poco tardi perché fino all’ultimo non ho avuto conferma che avrei potuto lasciare Forlì (maledetto 110%). Ciononostante ho tenuto d’occhio i prezzi lungo l’anno e sono sempre stati un furto con scasso. Ho speso esattamente il DOPPIO di quello che ho speso pre-covid per andare a Philadelphia.

Mezzi pubblici non pervenuti (come praticamente ovunque in America), fortuna che amici di amici mi hanno scarrozzato in auto praticamente ovunque. Cambiare aeroporto a NY è stata un’esperienza (di quelle da non ripetere).

Indianapolis: una città fantasma

Sulla città mi sentirete davvero poco espansivo. La 500 Miglia, la Gencon. Fine della “vita” a Indy. Un grumo di uffici amministrativi senza nessun’anima, nel mezzo del nulla, lontano da qualsiasi cosa mi interessasse visitare in America (circostanza che mi ha fatto bruciare ancora di più il costo dell’aereo).

Non che, dopo giornate con una media di 25.000 passi, uno avesse chissà quali energie da spendere nella serata… ma il confronto con una capitale europea a csao è svilente. L’unica cosa che mi dispiace è non aver avuto tempo per visitare il museo dei bambini.

Il Cibo: un furto con scasso

Tutto caro ammazzato, anche rispetto a città notoriamente non economiche come NY dove – volente o nolente – ho fatto tappa nel viaggio verso Indy (grazie American Airlines, a mai più rivederci). A Indianapolis per fare il ristoratore devi avere la benda sull’occhio e il pappagallo sulla spalla: pare sia un prerequisito non discutibile.

Vero che in fiera me lo dovevo aspettare, ma pagare una bottiglia d’acqua 5 dollari è un furto con scasso che perfino in aeroporto di Chicago si sono vergognati a commettere (la ho pagata 3 e spiccioli, quindi si sono vergognati ma non più di tanto). In compenso, una volta acquistato un bicchiere, avevi i refill gratis sulle bibite gasate, purché zuccherate: farsi venire il diabete era estremamente economico. Ovunque la birra artigianale (anche “basic”) era molto buona ma navigava sopra gli 11 dollari a lattina!

Il cibo era DAVVERO caro, ma è anche vero che le porzioni erano talmente abbondanti che con un piatto ci avremmo mangiato tranquillamente in due (il che avrebbe rimesso il prezzo del cibo a livelli più che accettabili). Peccato che fossi da solo…

Il cibo interno della fiera era, come dire…  un m*rda senza precedenti! Sento già tutti che mi direte: “Se hai mangiato in un bar dentro una fiera sei un pirla e ti sta bene!”. E sono d’accordo. Ma un giorno gli appuntamenti erano talmente attaccati uno all’altro che l’unica soluzione percorribile era il bar interno. Ho preso un Pretzel pensando “è impossibile fare male un Pretzel precotto”. Dio quanto mi sbagliavo: con un solo morso ho consumato la quantità di sale che, lasciato a me stesso, consumo in due mesi (forse tre). E non era la cosa più grave… Ho rimpianto i panini del bar interno del palazzetto di Lucca (chi ha qualche annetto e tante “Lucche” sulle spalle mi può capire), non dico altro.

Bella invece l’idea dei food truck.

Ce ne erano una ventina (che sembrano tanti ma erano davvero pochi per smaltire le code, e non solo negli orari di punta) fra il convention center e lo stadio, a formare un food court. Ho campato di quelli. Mi sono tolto la curiosità (curiosità costosa: 26 dollari + tasse + mancia per un panino… gli venisse) di assaggiare un lobster roll e ho scoperto che la cucina filippina può essere esplorata con più dettaglio.

Gli spazi

La Gencon si tiene fondamentalmente in 4 tipi di spazio.

L’hangar.

Un simil capannone dove potreste parcheggiare comodamente tre / quattro volte l’intero padiglione “games” di Lucca. Ce ne erano due: uno tappezzato di tavoli per giocare (impara, Lucca… impara), uno dedicato esclusivamente agli stand degli espositori (che non avevano tavoli demo). A girare il padiglione degli espositori ho impiegato tutta la prima giornata (che era abbastanza libera dagli appuntamenti di lavoro).

Le stanze.

Decine di stanze all’interno dello stesso centro conferenze / fiera (su due piani). Queste le ho potute vedere davvero poco, ed erano piene di demo, diversi giochi in playtest e altre cose anche interessanti, che mi è dispiaciuto dover ignorare in blocco (ma il tempo era quello che era).

Lo stadio.

Quello degli Indianapolis Colts (con aria condizionata). L’intero prato era stato “pavimentato” e coperto di tavoli. Anche ogni stanza utilizzabile (inclusi gli skybox) conteneva in evento di qualche tipo (incluso un “real dungeon” che credevo fosse solo una presa per i fondelli di Knights of the Dinner Table). Devo confessare che per un appassionato di football americano vedere lo stadio dal campo (pur in questo contesto) è stato emozionante.

Gli alberghi

Quelli dei dintorni in cui ogni sala conferenze / sala cerimonie / etc. ospitava un qualche tipo di evento

La galleria dei flipper

Alcuni eventi erano organizzati nei corridoi (che erano spazi enormi, ben più grandi di alcuni degli stand di antiquariato di Lucca). Per dire tutti gli spettacoli / concerti erano su piccoli palchi lato corridoio (come se fossero busker).

Un evento organizzato davvero bene era la galleria dei flipper (ovviamente a pagamento, ma a cifre ragionevoli). Quando facevi un record, punteggio e firma andavano in automatico su uno scoareboard consultabile da internet. Chi manteneva il record su una tavola si portava a casa un piccolo trofeo. Al di là di quanto l’iniziativa potesse essere simpatica, pesava come un macigno la qualità dei flipper disponibili. Ci ho visto la creme de la creme della produzione mondiale.

La logistica

L’orario di aperture degli spazi degli espositori è estremamente corto: dalle 10 alle 18, significativamente meno la domenica (il che “faceva scopa” coil fatto che tutti i posti dove si mangiava chiudevano terribilmente presto). Tutti gli altri spazi aprivano prima e chiudevano dopo, soprattutto quelli negli alberghi. Ho ricevuto svariati inviti a feste private che si tenevano anche nelle stanze degli alberghi (sarei curioso di vedere le dimensioni di queste stanze, ma questa è una curiosità per il prossimo anno)…

Gli hangar e gli alberghi erano molto distanti fra di loro, collegati da sovrappassi pedonali indicati con la chiappa sinistra. E una volta raggiunto l’albergo (spesso strutture enormi e labirintiche) non c’era nessun tipo di indicazione di dove fosse cosa. Le varie segreterie erano presidiate poco e male, spesso da gente che non sapeva nulla.  Giuro che non mi lamenterò mai più delle orribili indicazioni di Lucca: in confronto sono poesia.

Tutti gli alberghi erano strutture fichissime, ma quasi tutti in qualche modo sapevano di Grand Budapest versione 2 (non avete visto Grand Budapest Hotel? Mi dispiace per voi), come se avessero un passato ben più glorioso e ora fossimo in un periodo di marcata decadenza.

Detto questo, è vero che però tutti gli spazi erano puliti (bagni degli hangar a parte, che eravamo a livello Play), climatizzati, ben serviti, accessibili con qualsiasi tipo di disabilità. Il numero di persone che si sono potute godere la GenCon con trasportini elettrici / stampelle / sedie a rotelle non lo ho mai visto in una fiera europea (salvo Essen).

Il fatto che i tavoli demo e gli stand fossero in due spazi contigui ma distinti generava alcune dinamiche interessanti. Tipo che la parte di vendita poteva essere chiusa mentre quella dedicata alle partite poteva essere lasciata aperta. Non ho capito se sia merito del pubblico americano è più disciplinato o di altro, ma alla chiusura l’hangar degli espositori si liberava in 5 minuti (contro i trenta abbondanti necessari a sgombrare il Carducci, che è pure molto più piccolo).

Altra cosa che mi ha stranito è che nessun espositore “chiudeva” lo stand. La merce veniva lasciata li, in mostra senza nemmeno un telo a fare un proforma. Il che secondo me la dice lunga sulla quantità di videosorveglianza che c’era, ma non sottilizziamo…

Gli eventi

C’erano CENTINAIA di eventi (se è grassetto e sottolineato è segno che è una delle cose che mi ha interessato di più).

Numero e qualità sicuramente è stata la differenza più visibile con Lucca o Play.

Tutti gli eventi prevedevano prenotazione su un sistema centralizzato e per buona parte erano a pagamento (e neppure poco: alcuni anche nell’ordine di decine di dollari). I biglietti per le cose davvero interessanti sono andati bruciati in pochi decimi di secondo all’apertura delle iscrizioni. Mi sono comunque imbucato in alcuni eventi gratuiti senza particolari problemi. Interessantissimo il seminario di Luke Crane sulla sua teoria del GdR e quello sulla scienza dietro a Terraforming Mars. E mi dicono meraviglie anche di altri a cui non sono potuto andare.

IMPOSSIBILE parlare chi gestiva eventi che non fossero seminari. NESSUNO aveva un minimo di “segreteria” o un modo istituzionalizzato per contattare “professionalmente” gli organizzatori. Probabilmente è un effetto secondario (per quanto indesiderato) dell’efficienza del servizio prenotazioni centralizzato.

Prendiamo per esempio, i ragazzi che hanno organizzato il “true dungeon” (che, come avrete intuito, mi ha incuriosito parecchio): avevano turni per tutti i giorni, tutto il giorno. Avrei davvero voluto fare quattro chiacchiere “professionali”. Invece lo staff accomodava i giocatori e poi spariva all’interno per gestire l’evento. Fuori neppure un tavolo con uno schifoso volantino: solo un fogliaccio appeso con lo scotch con la scritta a mano “vietato l’ingresso gioco in corso”. Per parlare con qualcuno avrei dovuto fare “un’imboscata” aspettando l’entrata o l’uscita di un turno, senza nessuna garanzia di riuscire effettivamente a trovare qualcuno con cui parlare. Allucinante…

La gente

Una fiera della salsiccia come in Italia non si vede più da anni. Vero che rispetto a Lucca (del 2020, nella Lucca anni ’90 una donna avrebbe fatto più notizia dell’atterraggio di un ufo) pesa la mancanza della parte “comics”, ma era una salsicciata epocale anche in confronto a Play.

Pochissimi i cosplayer, una presenza assolutamente marginale (anche in confronto a Play). Si potrebbe speculare che sia anche causa o effetto della fiera della salsiccia.

Età media significativamente più alta di quella di Play / Lucca. Presenza irrilevante di famiglie, pochissimi i bambini piccoli (anche perché onestamente c’era davvero poco da fargli fare).

Tantissime le persone obese (nel senso clinico del termine), anche gravi. Nel confronto io, che ora come ora ho un quantitativo industriale di pancetta, mi sono sentito sportivo e palestrato. Ma visto quanto e cosa mangiano, non sono più stupito di tanto.

Un ambiente estremamente educato e rilassato. Credo di aver detto e sentito dire “sorry” come minimo un miliardo di volte.

Gli espositori

Qui iniziano le differenze più marcate.

Estremamente discreta la presenza Wotc / D&D. Era più “maraglio” e vistoso lo stand di ebay, il che la dice lunga. Probabilmente i recenti scandali e il rapporto tutt’ora abbastanza teso con i fan hanno pesato parecchio.

Mediamente gli stand erano allestiti peggio di quelli di Play / Lucca (a parità di portafoglio dell’espositore). Tantissimi avevano appeso poster alle pareti o poco più.

Certamente pesano costi e distanze per organizzare le trasferte. Gli Stati Uniti sono praticamente un continente: andare in macchina in Indiana (dove si tiene la Gencon) partendo dalla California, per dire, è circa come arrivare a Lucca partendo dal Libano.

Estremamente aggressive (commercialmente parlando) tutte le persone agli stand. È una cosa già avevo notato a PAX e che proprio come a Philadelphia dopo 5 minuti ha iniziato a mandarmi ai matti.

Se non passeggiavi con aria truce, passo veloce e sguardo fisso avanti, era davvero probabile che qualcuno da dietro un banco ti intercettasse chiedendoti “how are you?” (per i non anglofoni: “come butta?”). Se tanto tanto osavi buttare un fuggevole sguardo su qualcosa, 100% venivi intercettato. È una cosa a cui in Italia non siamo abituati.

Già come domanda fa buffo fatta da un commesso: che gli rispondi? Ma dopo che te la senti fare ogni 30 secondi sei davvero in difficoltà. in 30 minuti avevo esaurito tutte le variati educate di “bene, ma sto solo curiosando” Ed anche avere la tua attenzione richiamata ogni due passi, dopo un poco, diventava davvero stancante. Devo confessare che mi sono concesso numerose pause di “decompressione”.

Vi aspetto per la seconda parte del reportage, più centrata sui giochi e le novità della Gencon. Per ora è tutto.

Il vostro affezionato vicino

 

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